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Canapa

foto Canapa

La canapa : nome e cenni storici

Canapa è il nome comune per indicare la Cannabis, genere di pianta angiosperma della famiglia delle cannabacee che attualmente si ritiene caratterizzato da un’unica specie: la Cannabis sativa.

Quest’ultima, a sua volta, raggruppa due sottospecie: la Sativa e la Indica.

La canapa è una pianta originaria della Siberia meridionale che si è diffusa ben presto in Asia centrale (8000 a.C) e da lì poi in tutto l’Occidente.

Alcuni scienziati ne hanno ritrovato traccia, insieme a tabacco e foglie di coca, addirittura in numerose mummie  risalenti al 1500 a.C. scoperte in Perù. 

Oggi la canapa viene riconosciuta come una pianta erbacea annua, con radici fittonanti e fusti eretti, alti da pochi cm fino a più di 5 m, foglie palminervie opposte o alterne, stipolate e lungamente picciolate, composte da 5-11 foglioline lanceolate. La pianta germina in primavera e fiorisce in estate inoltrata.

La coltivazione della Cannabis Sativa è l’unica legale in Italia e viene effettuata per ricavare fibre tessili, oli o farine.

La variante Indica  è caratterizzata da una maggiore attività farmacologica: le sommità fiorite delle piante femminili si usano in medicina per le loro proprietà sedative e analgesiche.

Proprietà della cannabis

La Cannabis è ricca di acidi grassi essenziali, come Omega-3 e Omega-6, ed è una fonte preziosa di vitamine E, A, vitamine del gruppo B (B1 e B2).

Contenendo anche antiossidanti naturali è in grado di prevenire allergie e infiammazioni.

La pianta di canapa produce cannabinoidi, ossia sostanze chimiche di origine naturale, che interagiscono con i recettori del sistema endocannabinoide. 

Tra questi, i più conosciuti e presenti in maggior quantità sono due: il cannabidiolo (CBD) e il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC). 

THC e CBD  sono molecole strutturalmente simili che presentano però sostanziali differenze. 

Il primo si lega principalmente ai recettori presenti nelle cellule nervose ed ha anche effetti psicoattivi, mentre il secondo agisce a livello periferico e non ha conseguenze psicotrope. Entrambi possono aiutare nel trattamento di diverse patologie.

•Nello specifico CBD si lega soprattutto ai recettori CB2, presenti nei sistemi periferici del nostro corpo, in particolare in quello immunitario ed è anche in grado di interferire con l’azione del THC, riducendone l’effetto psicotropo.

•Il THC, invece si lega facilmente ai recettori CB1, situati principalmente nel sistema nervoso centrale.

Il CBD si è rivelato efficace nel trattamento di ansia: questo principio attivo ha dimostrato di possedere proprietà antiossidanti e analgesiche. 

Diverse sono le proprietà medicinali attribuite al THC, considerato, in generale, il cannabinoide più importante dal punto di vista terapeutico. I suoi utilizzi comprendono il trattamento dei disturbi legati al glaucoma, la sclerosi multipla e dolore cronico.
Viene usato come: analgesico, antiossidante, antinfiammatorio, antiemetico ed euforizzante

Sull’argomento sono ancora in corso numerosi studi, che mirano ad individuare nuovi campi di applicazione.

Come assumere la cannabis ad uso terapeutico

La cannabis per uso terapeutico TCH può essere assunta per via orale o inalatoria.

• Si può assumere via orale preparando un decotto facendo bollire le infiorescenze della pianta in acqua secondo le indicazioni ricevute dal medico. Oppure attraverso la preparazione dell'olio (flacone contagocce) o delle cartine.

•L'assunzione per via inalatoria, invece, prevede l'utilizzo di un vaporizzatore (dispositivo medico marcato CE) ad aria calda e filtrata. La via di somministrazione inalatoria viene prescritta dal medico solamente nei casi in cui la somministrazione orale non produca gli effetti farmacologici desiderati, o comunque quando lo si ritiene più opportuno.

La produzione, la preparazione, la distribuzione alle farmacie, la commercializzazione e la dispensazione ai pazienti della cannabis per uso terapeutico sono strettamente regolamentate dalla legge.

La cannabis terapeutica può essere prescritta dal medico solo ed esclusivamente quando le terapie convenzionali non sono efficaci e la ricetta deve essere di tipo non ripetibile: deve riportare tutti i dati relativi alla preparazione magistrale del farmaco, come dose, posologia, modalità di assunzione e durata del trattamento che non deve essere superiore ai tre mesi.

Alcuni effetti collaterali

La comunità scientifica distingue tra effetti collaterali fisici e psichici. 

Tra quelli fisici, i più frequenti sono:

Secchezza delle fauci

Rossore agli occhi

Disturbi nel movimento

Debolezza muscolare

Aumento della frequenza cardiaca

Diminuzione della pressione arteriosa, con possibili capogiri

Gli effetti collaterali psichici, invece, possono comprendere:

Euforia

Sedazione

Paura di morire

Sensazione di perdita di controllo

Diminuzione della memoria

Alterata percezione del tempo

Allucinazioni

Depressione

Solitamente comunque gli effetti collaterali vengono valutati in sede di prescrizione e non superano mai i vantaggi della terapia.

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